Stop Vivisection!
Ci stiamo avvicinando ad una data storica, Stop Vivisection! che cos’è?
L’articolo 13 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea stabilisce che “l’Unione e gli Stati membri tengono pienamente conto delle esigenze e del benessere degli animali in quanto esseri senzienti”. Questo riconoscimento ufficiale porta in sé l’obbligo morale di rispettare i diritti fondamentali degli animali, che devono pertanto essere riconosciuti come una priorità dall’Unione europea e dai suoi Stati membri, e tutelati attraverso un coerente quadro legislativo comunitario. Da questo punto di vista, la sperimentazione animale (o vivisezione) è senza alcun dubbio una pratica inaccettabile, in quanto impone illimitato dolore e sofferenza a esseri senzienti e senza difesa.
Alle ragioni dell’etica (condivise, nel sondaggio della Commissione Ue del 2006, dall’86% dei cittadini europei), si aggiunge l’appello sempre più stringente del mondo della scienza che afferma che il “modello animale”, non predittivo per l’uomo, è privo di valore scientifico; infatti non esiste prova statistica che ne dimostri l’efficienza e l’affidabilità.
Per tale ragione la pratica della sperimentazione animale rappresenta:
• un pericolo per la salute umana e per l’ambiente,
• un freno allo sviluppo dei nuovi metodi di ricerca biomedica fondati sulle straordinarie acquisizioni scientifiche del nostro tempo,
• un ostacolo alla possibilità di attingere alle risposte ben più affidabili, esaurienti, veloci ed economiche, forniteci dalle nuove tecnologie pertinenti per l’uomo.
In considerazione di quanto precede, noi sottoscritti cittadini europei richiediamo alla Commissione europea l’abrogazione della direttiva 2010/63/UE, con la presentazione di una nuova proposta di direttiva che sia finalizzata al definitivo superamento della sperimentazione animale e che renda obbligatorio per la ricerca biomedica e tossicologica l’utilizzo di dati specifici per la specie umana in luogo dei dati ottenuti su animali.
Perché Stop Vivisection?
L’iniziativa Stop Vivisection nasce a seguito delle numerose e vibranti proteste dei cittadini europei rispetto all’approvazione della direttiva 2010/63/UE (detta “per la protezione degli animali utilizzati a scopi scientifici”). Tale direttiva non ha avviato il percorso di abolizione di ogni forma di sperimentazione animale come previsto dai trattati europei, secondo i quali le politiche dell’UE devono tenere pienamente conto delle esigenze e del benessere degli animali in quanto esseri senzienti. Inoltre la sperimentazione animale rappresenta un serio pericolo per la salute umana in quanto i test animali non hanno alcun valore predittivo per l’uomo e frenano lo sviluppo dei nuovi metodi di ricerca biomedica.
Cos’è la vivisezione: domande e risposte
Cos’è la sperimentazione animale (o vivisezione)?
E’ un metodo di ricerca che fa uso di animali vivi per lo sviluppo delle conoscenze biomediche. A causa delle leggi esistenti, ogni nuova sostanza ed ogni nuova cura devono essere testate su animali prima dell’immissione sul mercato.
La ricerca sperimentale condotta su animali ha rivelato, tuttavia, di essere inutile se non addirittura fuorviante e dannosa, in quanto basata su un errore metodologico: quello di considerare gli animali dei modelli attendibili dell’uomo. Infatti, ogni specie animale non può essere modello che di se stessa, e le corrispondenze tra due specie possono essere verificate soltanto “a posteriori”
La sperimentazione animale reca danno all’uomo?
Si, in due modi:
1) fa in modo che si sperimentino sull’uomo sostanze che non hanno subito alcun vaglio preventivo (poiché, come già detto, le prove su animali non danno risultati utili all’uomo, neanche orientativamente); ogni specie reagisce in modo diverso (perfino i ratti e i topi, specie strettamente imparentate, offrono risposte differenti tra di loro nel 43% dei casi). Una conseguenza è che le malattie iatrogene (derivate dalle terapie) rappresentano la quarta causa di morte nei paesi industrializzati;
2) si corre il rischio di scartare sostanze di grande aiuto per l’uomo, per il solo fatto che sono risultate tossiche per qualche specie animale.
Perché la vivisezione è da condannare?
La vivisezione è ugualmente condannabile, dal punto di vista etico, in quanto esempio estremo di comportamento antropocentrico e specista (volto ad assumere la superiorità della specie umana sulle altre), gravemente lesivo nei confronti di tutti i diritti. Essa è un crimine in qualsiasi modo si tenti di giustificarla: che la si compia credendo di “fare il bene dell’umanità” o che la si compia, come spesso avviene, solo per interessi personali e di carriera.
Perché esiste ancora la sperimentazione animale?
La legge che impone la sperimentazione animale viene oggi conservata, da un lato per l’inerzia mentale che ha sempre ritardato ogni rinnovamento culturale e, dall’altro, per gli enormi interessi economici e professionali ad essa collegati, che vanno ben oltre il commercio di animali. La prova sull’animale è il miglior strumento per costruire curriculum e pubblicazioni “scientifiche”, ma è soprattutto utile per fornire la risposta più favorevole agli interessi delle aziende produttrici:
1) la sperimentazione animale è l’alibi per una sperimentazione sull’uomo senza adeguate garanzie (è l’uomo la vera cavia per ogni nuovo prodotto immesso sul mercato);
2) la sperimentazione animale consente ai produttori di predeterminare la risposta di qualsiasi test (basta variare la specie animale usata);
3) la sperimentazione animale fornisce alle aziende produttrici “l’incertezza della prova”: consente di affermare, prima delle prove cliniche sull’uomo, che “non vi è pericolo” in quanto “tutti i test su animali sono stati fatti” . Come pure di affermare, una volta avvenuto il disastro farmacologico, che le prove su animali non sempre sono predittive, permettendo alle aziende di aggirare la responsabilità civile e il pagamento dei danni causati
Statistiche:
• Nel mondo si stima che ogni anno vengano immolati circa 500 milioni di animali nei laboratori di sperimentazione, ma è molto difficile avere dati precisi come è pure difficile avere filmati o immagini, perché tutto avviene in un alone di segretezza, al chiuso dei laboratori dove è ben difficile avere accesso.
• Circa 60% degli animali vengono usati per la farmacologia, una parte più bassa per la ricerca medica (studio delle malattie), un’altra per i test sui cosmetici, una parte per i test di psicologia e poi i test bellici e didattici. Gli esperimenti di tossicità sono trasversali a tutte queste categorie (vengono effettuati in ognuna di esse) e rappresentano il 75% circa di tutti gli esperimenti su animali. Il 60% degli esperimenti viene fatto in laboratori privati, il 33% nelle scuole di medicina e università, il resto in laboratori pubblici e dipartimenti governativi.
• Gli animali vengono devocalizzati, avvelenati, ustionati, accecati, affamati, mutilati, congelati, decerebrati, sottoposti a scariche elettriche, infettati, anche con virus che non colpiscono gli animali. Il 70% senza anestesia e il 30% con anestesia soltanto parziale.
Quale posizione hanno, oggi, la comunità scientifica e quella civile?
Negli ultimi anni settori sempre più vasti del mondo scientifico hanno denunciato la fallacia e pericolosità del modello animale tanto da avviare un ineluttabile processo di superamento della sperimentazione animale.
Questi solo alcuni dei fatti che lo dimostrano:
1) negli Stati Uniti, il NRC, Consiglio Nazionale delle Ricerche, ha annunciato un “cambiamento epocale” che vedrà la scomparsa graduale dei test su animali, considerati poco affidabili;
2) le riviste scientifiche più accreditate (quali New Scientist, Nature, British Medical Journal, Scientific American) concedono sempre più spazio alla contestazione della sperimentazione animale;
3) il documento finale del “VII Congresso Mondiale sui metodi alternativi e la sperimentazione animale (Roma, 2009)” ha annunciato la fine dei test su animali, in quanto i nuovi metodi a disposizione forniscono risposte di gran lunga più affidabili, esaustive, rapide ed economiche.
Alla denuncia della comunità scientifica si unisce, inoltre, l’appello pressante dell’86% dell’opinione pubblica contraria alla sperimentazione animale (Eurispes 2006).
Siamo dunque prossimi alla fine della vivisezione in Europa?
Nonostante questa nuova pressione popolare, il movimento antivivisezionista ha incassato in Europa una clamorosa sconfitta con la nuova direttiva approvata l’otto settembre 2010 sulla sperimentazione animale (revisione della direttiva 86/609), che risulta assai peggiore della precedente legge.
Infatti la nuova direttiva non solo non apre ai metodi sostitutivi, ma vincola sempre più alla sperimentazione animale, compiendo un passo indietro sia sul fronte dei diritti degli animali che su quello della tutela della salute umana e del progresso scientifico.
E’ dal nostro rifiuto della direttiva e dal desiderio di adeguare la politica alla volontà e al benessere dei cittadini che è nata l’iniziativa dei Cittadini Europei STOP VIVISECTION
JUST SAY NO: 66 articoli che rendono la Direttiva 2010/63/UE moralmente, politicamente e scientificamente inaccettabile, la Direttiva 2010/63/UE, approvata dal Parlamento europeo l’8 settembre 2010, consiste di 56 “considerando”, 66 articoli e 8 allegati.
In contrasto con la precedente Direttiva datata 1986, essa proibisce che gli Stati Membri emanino leggi che garantiscano ai propri animali da laboratorio condizioni migliori di quelle stabilite dalla Direttiva stessa. E consente di sperimentare su cani e gatti randagi.
Una clausola di salvaguardia apre la porta all’utilizzo delle scimmie antropomorfe e consente che gli Stati membri autorizzino “il ricorso a una procedura che causa dolore, sofferenza o angoscia intensi che potrebbero protrarsi e non possono essere alleviati”.
Tra i metodi di soppressione “umana” degli animali, la Direttiva elenca la dislocazione del collo, la distruzione del cervello, il biossido di carbonio, il colpo da percussione alla testa, la decapitazione, il colpo a proiettile libero con fucili o pistole, l’elettrocuzione, il dissanguamento (Allegato IV).
Cosa gravissima, infine, la Direttiva 2010/63/UE non rende obbligatori i metodi sostitutivi neppure laddove esistono. Qui di seguito i motivi per cui bisogna dire No alla direttiva 2010/63/UE e alla sperimentazione sugli animali:
1) il mercato sopra ogni cosa (considerando n. 1)
Per spiegare per quale motivo c’era bisogno di una nuova legge comunitaria sulla sperimentazione animale, il primo “considerando” della Direttiva sottolinea il ruolo decisivo dell’economia e del mercato. E afferma che:
– a) Alcuni Stati Membri hanno adottato misure nazionali che garantiscono un elevato livello di protezione degli animali utilizzati a fini scientifici, mentre altri paesi si limitano ad applicare i requisiti minimi stabiliti dalla direttiva del 1986.
– b) Tali disparità rischiano di costituire degli ostacoli agli scambi di prodotti e sostanze per lo sviluppo dei quali sono stati effettuati esperimenti su animali. Di conseguenza: occorre eliminare tali disparità “al fine di garantire il corretto funzionamento del mercato interno”.
*morale: nei Paesi europei dove gli animali godevano di maggiori protezioni, sperimentare costava di più e ai laboratori di quei paesi premeva più di ogni altra cosa eliminare lo svantaggio competitivo che ne derivava. La Direttiva rimedia a queste disparità obbligando tutti i protagonisti allo standard qualitativo più conveniente per la comunità scientifica.
2) proibito migliorare le condizioni degli animali da laboratorio in ambito nazionale (articolo 2)
A livello operativo, per garantire che non si creino più disparità competitive tra un paese e l’altro, l’articolo 2 della Direttiva vieta ai singoli Stati membri di emanare nuove leggi più favorevoli agli animali. Essi possono soltanto mantenere eventuali misure più favorevoli agli animali che fossero già in vigore nel novembre 2010, ma non possono adottarne di nuove.
* morale: Non soltanto i singoli Stati membri non potranno adottare misure più favorevoli di quanto stabilisce la Direttiva: anche quelli che manterranno norme più severe in fatto di welfare animale non potranno ostacolare la fornitura o l’uso di animali provenienti da altri Stati membri. Potrebbe essere il caso dei cani e dei gatti randagi, il cui commercio finalizzato alla sperimentazione scientifica sarà libero in tutta Europa.
3) I metodi sostitutivi non saranno obbligatori (articoli 4 e 13)
I metodi sostitutivi non saranno obbligatori neppure laddove esistono e sono disponibili sul mercato.
La prima bozza di Direttiva, datata 2008, enunciava due principi importanti, dicendo che:
1) Laddove esiste un metodo di sperimentazione che non prevede l’uso di animali e che può essere utilizzato in sostituzione di una procedura, gli Stati membri assicurano che venga usato il metodo alternativo” (articolo 4).
2) Gli Stati membri assicurano che una procedura non venga eseguita qualora per ottenere il risultato cercato siano ragionevolmente e praticamente disponibili metodi o strategie di sperimentazione scientificamente soddisfacenti, comprese metodologie informatizzate, in vitro o di altra natura, che non prevedano l’impiego di animali” (articolo 13).
Sfortunatamente, nella versione finale della legge votata l’8 settembre a Strasburgo, di questi importanti principi – a colpi di emendamenti parlamentari – s’era persa la traccia. Un risultato ottenuto aggiungendo due parole all’articolo 4 dal quale ora si evince che i metodi sostitutivi vanno usati solo “ove possibile”, e dichiarando, all’articolo 13, che sarà obbligatorio usare un metodo alternativo solo se esso è riconosciuto dalla legislazione dell’Unione.
* morale: I metodi sostitutivi, che risparmiano gli animali non saranno obbligatori (né utilizzati) neppure laddove sono a portata di mano, e agli sperimentatori viene lasciata la più ampia facoltà di decidere come regolarsi. I metodi sostitutivi accolti dalla legislazione dell’Unione (e quindi obbligatori) sono infatti pochissimi contro le molte decine di test esistenti sul mercato e ragionevolmente utilizzabili.
4) Cani e gatti randagi (articolo 11)
Per la prima volta, e a differenza della Direttiva del 1986, l’articolo 11 della Direttiva 2010/63/UE permette anche gli esperimenti su cani e gatti randagi. Si potranno utilizzare “animali randagi e selvatici delle specie domestiche” ogni qualvolta i ricercatori riterranno che:
• è essenziale disporre di studi riguardanti la salute e il benessere di tali animali;
• è essenziale disporre di studi riguardanti gravi minacce per l’ambiente;
• è essenziale disporre di studi riguardanti gravi minacce per la salute umana;
• è essenziale disporre di studi riguardanti gravi minacce per la salute animale;
• è scientificamente provato che è impossibile raggiungere lo scopo della procedura se non utilizzando un animale selvatico o randagio.
*morale: A chi spetterà dichiarare/provare che è “impossibile raggiungere lo scopo della procedura se non utilizzando un animale randagio”? Se avete pensato che toccherà agli sperimentatori stessi, ebbene sì, avete indovinato: toccherà a loro, di concerto con i comitati (etici e non) nominati dagli stessi enti ospedalieri e universitari per i quali lavorano, e con le “autorità competenti”. Ora, che si sappia, le “autorità competenti” all’opera negli ultimi 26 anni in Italia non hanno mai ostacolato un solo importante progetto di sperimentazione animale realizzato in uno dei 600 centri nazionali riconosciuti… Domanda: quanti esperimenti su cani e gatti randagi richiesti in un regime di procedure amministrative semplificate (vedi punto 6) saranno bocciati perché giudicati non necessari?
5) riutilizzo degli animali (articolo 16)
L’articolo 16 consente che un animale già utilizzato in una o più procedure possa essere riutilizzato in nuove procedure purché “l’effettiva gravità delle procedure precedenti fosse “lieve” o “moderata (…) e purché la procedura successiva sia classificata come “lieve”, “moderata” o “non risveglio”.
Significa che non c’è alcun limite al numero di procedure “lievi” o “moderate” alle quali un animale può essere sottoposto fino al “non risveglio”.
Ecco alcuni esempi di procedure “moderate” secondo l’Allegato VIII della Direttiva:
• chirurgia associata a dolore, sofferenza o deterioramento delle condizioni generali post-chirurgici (esempi: trapianto di organi, toracotomia, craniotomia, laparotomia, chirurgia ortopedica, orchiectomia, linfadenectomia, impianto chirurgico di cateteri o dispositivi biomedici);
• creazione di animali geneticamente modificati mediante procedure chirurgiche;
• uso di gabbie metaboliche con restrizione moderata del movimento per un lungo periodo (fino a cinque giorni);
• induzione della fuga e di reazioni di evitamento nei casi in cui l’animale è incapace di rispondere con la fuga o di sottrarsi agli stimoli.
• Sfortunatamente, in deroga a quanto stabilito qui sopra, dopo aver sottoposto l’animale a una visita veterinaria, l’autorità competente può consentire anche il riutilizzo di un animale che ha già subito una procedura con intenso dolore, angoscia o sofferenza equivalente.
Ecco alcuni esempi di procedure che comportano “intenso dolore, angoscia e sofferenza”, secondo quanto si legge nell’Allegato VIII:
• uso di gabbie metaboliche con limitazione grave del movimento per un lungo periodo;
• interventi chirurgici o di altri tipo (?) che si prevede causino dolore, sofferenza o angoscia postoperatori intensi, oppure moderati e persistenti, ovvero deterioramento grave e persistente delle condizioni generali dell’animale;
• produzione di fratture instabili, toracotomia (apertura del torace) senza somministrazione di analgesici idonei, traumi intesi a produrre insufficienze organiche multiple;
• riproduzione di animali con alterazioni genetiche che si prevede causino deterioramento grave e persistente delle condizioni generali dell’animale (nevriti croniche recidivanti, distrofia muscolare, morbo di Huntington);
• scosse elettriche inevitabili;
• stress da immobilizzazione per indurre ulcere gastriche o insufficienze cardiache nei ratti;
• isolamento completo per lunghi periodi di specie socievoli come cani e primati;
• nuoto forzato o altri esercizi in cui il punto finale è l’esaurimento.
* morale: il riutilizzo di animali che hanno già subito dolore e angoscia moderati viene ammesso come pratica corrente mentre il riutilizzo di animali sottoposti ad angoscia e dolore profondi viene sottoposto al vaglio discrezionale dell’”autorità competente” [trattasi di organismi pubblici e non, designati per l’attuazione di compiti specifici stabiliti dalla Direttiva, vedi articolo 59]. Ma chi deciderà quanto soffre realmente un animale, e quanto ulteriore dolore è possibile infliggergli? Che limiti pone questa direttiva alla discrezionalità di giudizio della comunità scientifica?
Persino il Home Office inglese nutre profonde riserve sulla classificazione delle procedure (più o meno dolorose) riportata nell’Allegato VIII della Direttiva. A pagina 40 della “Consultazione sulle opzioni per il recepimento della Direttiva Europea 2010/63/UE” il ministero degli Interni britannico scrive infatti che essa lascia grande spazio a interpretazioni tra loro inconciliabili (“there is indeed a great potential for inconsistent interpretation of the severity classification system”).
6) progetti generici multipli e procedure amministrative semplificate (articoli 36 – 43) >>> il segreto come regola
Data l’enfasi dell’europarlamento sulla necessità di ridurre al minimo gli oneri amministrativi ricadenti sui centri di ricerca, non desta meraviglia che in virtù degli articoli 40/42 gli Stati membri ora possano autorizzare progetti generici multipli per periodi fino a cinque anni nonché introdurre procedure amministrative semplificate per progetti che contengano procedure di “non risveglio”, “lievi” o “moderate” o che utilizzino gli animali a fini di produzione o diagnostici con metodi prestabiliti.
Oltre agli ovvi vantaggi burocratici offerti dal ricorso a progetti generici multipli e a procedure amministrative semplificate, è importante sapere che in tutte le procedure amministrative semplificate non è richiesta la sintesi non-tecnica dei progetti .
* morale: nel loro complesso, questi articoli rappresentano uno snodo centrale per la non-trasparenza della sperimentazione. Infatti, la sintesi non-tecnica dei progetti – dove gli sperimentatori devono fornire in forma anonima una serie di informazioni sugli obiettivi del progetto e sul numero e le specie degli animali utilizzati – è un documento che gli Stati membri sono tenuti a rendere pubblico. Ma se gli sperimentatori possono fare a meno di presentarlo, la segretezza sulle sofferenze degli animali continuerà a essere la norma e il pubblico sarà tenuto completamente (e legalmente) all’oscuro di tutto ciò che succede nei laboratori.
Come se non bastasse, come segnala la stessa Commissione europea nella Comunicazione al Parlamento datata 15.6.2010, una triplice autorizzazione (degli stabilimenti, delle persone e dei progetti) era il pilastro centrale della nuova legge, “essenziale per accrescere il benessere degli animali e garantire il rispetto della regolamentazione”. Ma nel testo finale della Direttiva non esiste più l’obbligo di autorizzazione per il personale che lavora con gli animali, sostituito dall’obbligo, assai meno stringente, di designare una persona responsabile della competenza del personale.
7) Anestesia e bloccanti neuromuscolari (articolo 14)
L’articolo 14 permette di eseguire procedure senza anestesia né locale né generale ogniqualvolta gli sperimentatori ritengano l’anestesia “non opportuna” o “incompatibile con lo scopo della procedura”.
Particolarmente orrendo è il fatto che l’articolo 14 consenta l’uso di bloccanti neuromuscolari con la somministrazione di analgesici anziché dell’anestesia generale: in nessun modo verranno mitigati il terrore e l’angoscia degli animali, completamente paralizzati e nello stesso tempo vigili e coscienti di ciò che viene loro inflitto.
* morale: La stessa Commissione Europea nella sua “Comunicazione al Parlamento europeo” datata 15.6.2010, riconosce che “una delle principali critiche mosse alla direttiva attuale – si riferisce alla Direttiva 86/609 – è che non è adeguatamente rispettata e applicata”. Ora, applicare l’articolo 14 non costerà nulla agli sperimentatori, che vi si atterrano senza problemi, e costerà davvero troppo agli animali.
8) La sperimentazione sui primati (articoli 5, 8 e 55)
Primo: gli esperimenti sui primati saranno possibili nella ricerca di base come pure nelle procedure “condotte allo scopo di evitare, prevenire, diagnosticare o curare affezioni umane debilitanti”.
Secondo: gli esperimenti sui primati catturati in natura – una pratica che persino secondo la Commissione europea doveva finire nel giro di dieci anni – sarà consentita per un periodo più lungo, forse addirittura sine die.
* morale: considerando che sperimentare sui primati per la ricerca di base (è la ricerca spesso guidata dalla pura curiosità dello sperimentatore, senza legami con immediati obiettivi medici) è permesso senza ostacoli di sorta, e considerando che persino un raffreddore o un’influenza sono “affezioni umane debilitanti”, è evidente che gli esperimenti di laboratorio sui primati non potranno e non saranno mai posti in questione finché questa Direttiva resta in vigore.
9) La sperimentazione sulle scimmie antropomorfe (articoli 5, 8 e 55)
A prima vista, la Direttiva vieta l’uso delle Grandi Scimmie o scimmie antropomorfe, [scimpanzé, gorilla, oranghi e bonobo] negli esperimenti di laboratorio. In realtà, un loro utilizzo in situazioni “eccezionali e transitorie” è previsto dall’articolo 55 in procedure che perseguano:
•-la profilassi, la prevenzione, la diagnosi o la cura delle malattie, del cattivo stato di salute o di altre anomalie, o dei loro effetti sugli esseri umani, sugli animali o sulle piante;
•-la realizzazione di uno degli scopi qui sopra enunciati nell’ambito dello sviluppo, della produzione o delle prove di qualità, di efficacia e di innocuità dei farmaci, dei prodotti alimentari, dei mangimi e di altre sostanze o prodotti;
•- ricerche finalizzate alla conservazione delle specie.
* morale: la comunità scientifica ha chiesto e ottenuto di poter continuare a giocare su tutti i tavoli della sperimentazione animale, anche i più controversi, anche quelli apparentemente desueti (valgano per tutti la sperimentazione sui randagi e la sperimentazione sulle scimmie antropomorfe). L’idea che fosse giunto il momento di porre le basi per un superamento della sperimentazione animale è stata spazzata via, cancellata da considerazioni di ordine economico e dalla volontà di mettere in sicurezza i profitti dei grandi gruppi chimico-farmaceutici, cosmetici e alimentari fondati sulla vivisezione.
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Non vi resta che firmare: www.stopvivisection.eu/it